Oddio, a farsi i conti sarebbero leggermente di più ma l’importante è che sono partito il sabato mattina, e domenica ad ora di pranzo ero di nuovo a casa. Una vera toccata e fuga.
La scappata non era cominciata nel migliore dei modi. Infatti, reduce dall’afterwork del giorno prima, sabato mattina ho avuto qualche problema ad alzarmi e, per evitare di perdere l’aereo, ho dovuto ricorrere ad un taxi per coprire velocemente la distanza Casa –> Skavsta. Tralasciando il bagno di sangue che mi è venuto a costare (praticamente ho pagato più Casa => Skavsta che non Stoccolma/Dublino A/R), il tragitto mi ha permesso di recuperare un po’ di sonno.
Una volta salito sull’aereo, ho conosciuto un’australiana pazza che, forse per paura dell’aereo, ha passato tutto il volo a bere alcolici. E nonostante cercassi di oppormi, alla fine mi sono trovato a bere del pessimo vino rosé anche io.
Una volta arrivati nella capitale irlandese, il caro vecchio Giannino mi ha portato in giro per la città a vederne le bellezze. O meglio, ad intravederne, visto che la città era ricoperta da un fitto strato di nebbia come mai a memoria d’uomo, a quanto mi è stato detto da persone “del luogo”.
La serata, dopo una piccante cena in un ristorante indiano, dove abbiamo assistito all’intervento dell’ambulanza perché una signora si era sentita male causa troppo piccante, è proseguita nel Café en Seine.
Questo non è altro che un bel palazzo decorato in stile inizio Novecento dove sia l’ingresso che il guardaroba sono gratuiti. Lì, accompagnato da due fide spalle quale Gianni ed il suo amico Marco, felice scoperta del viaggio insieme ai coinquilini di Gianni, ho letteralmente ricevuto la Pentecoste. O forse, come dimostrano le foto su Facebook, era l’alcol nel sangue (e non solo quello)?
Ecco una mia foto con il fratellone e con una ragazza “conosciuta” lì.
Astenersi da commenti sulla faccia da tonno che ho nella seconda foto, grazie!
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